di Francesco Squillace

Le Raccomandazioni del Ministero della Salute, Direzione generale della programmazione sanitaria, hanno l’obiettivo di offrire strumenti in grado di prevenire gli eventi avversi, promuovere l’assunzione dii responsabilità e favorire il cambiamento del sistema; esse costituiscono un preciso orientamento per gli esercenti professioni sanitarie e, affrontando il tema della sicurezza delle cure prestate, chiamano in causa il comma 2 dell’art. 40 c.p. ‘’Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo’’.

Nell’ultimo periodo, soprattutto in questa iniziale fase che potremmo iniziare ottimisticamente a definire “post Covid”, la società e le strutture ospedaliere di ricovero e cura sono riguardate da un crescente numero di suicidi. Il fenomeno non è nuovo, ovviamente, e non è perciò un caso se il Ministero della Salute abbia riservato al fenomeno l’apposita Raccomandazione n. 4 di Marzo 2008 recante “Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale”.

In questa fase storica e sociale, che registra il passaggio da un’emergenza pandemica alla cupezza della guerra e dei rischi ad essa correlati, le radici sociali del suicidio tornano così a svelare la loro persistenza ed a riproporre il suicidio come atto sociale pregno di significati culturali [Kral, 1994].

Con queste poche riflessioni, il fenomeno viene divulgativamente inquadrato in ottica sociologica e viene dato risalto al strumenti standardizzati per l’individuazione delle avvisaglie del fenomeno di cui alla Raccomandazione Ministeriale n. 4/2008, al Modello “Zero suicide” e al relativo Ask Suicide-Screening Questions (ASQ).

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